Scommettere la scuola per un mojito?

Questa nota non è in senso stretto sul provvedimento delle discoteche in Sardegna, ma in senso lato sì.
Ed è un appello a chi a diversi livelli amministra la Regione. 

di  Ivan Blečić e Arnaldo 'Bibo' Cecchini

La Sardegna si è trovata nella fortunata condizione di poter ragionevolmente puntare all'obiettivo di divenire stabilmente un territorio a "zero contagi".

Sprecare questa opportunità comporta danni economici enormemente maggiori dalla perdita di qualche fine settimana senza quelle attività che rischiano di essere occasioni di "super-diffusione" (superspreader), e che sappiamo essere gli eventi più perniciosi per un'iniziale ripartenza dei focolai locali e della trasmissione comunitaria del contagio. 

Vi è una grande sfida, che riguarda non solo la Sardegna, quella della riapertura delle scuole, una scelta che – oltre agli aspetti fondamentali legati alla funzione della scuola nell'educazione e nella formazione – ha risvolti economici e sociali diretti e indiretti che coinvolgono molti milioni di persone tra alunni e studenti, insegnanti, personale, genitori e familiari. 

Dall'esito dell’apertura delle scuole dipenderà moltissimo delle possibilità di ripresa del nostro Paese. 

È ragionevole pensare che una condizione necessaria per riaprire le scuole sia l'eliminazione della trasmissione comunitaria (vedi https://www.endcoronavirus.org/schools). 

Ogni azione pubblica che non operi concretamente, nella misura del ragionevolmente possibile, per questo obiettivo è una cattiva gestione del rischio.

Il dilemma "o l'economia o la salute" è un falso dilemma (come è falso il dilemma “o l’economia o l’ambiente”). Ce lo dimostrano numerosi esempi da tutto il mondo dove, in assenza di misure di contenimento pubbliche, un'impennata locale dei contagi ha "spontaneamente" dato luogo alla riduzione dell'attività economica, perché molte persone per ragionevole precauzione evitano consumi e servizi che comportano rischi di contagio. 

In questo senso, il recente provvedimento della Regione Sardegna sulle discoteche, oltre che di dubbia attuabilità (alcune attività sono per loro natura più difficili da regolare e controllare, aldilà della buona volontà dei singoli), è un azzardo, una giocata alla roulette russa con la salute pubblica e che può compromettere la ripresa dell'anno scolastico. 

La metafora della roulette russa è appropriata, perché dà conto della natura del rischio in gioco: non serve aspettare qualche settimana o qualche mese per poter sentenziare se la scelta è stata buona o cattiva, se i contagi ci sono stati o no. Perché è possibile dirlo da subito: come per la roulette russa è possibile dire che è un errore giocarci, a prescindere di come va: anche se per un fortuito caso si vince e non si finisce con la pallottola in testa o con l’infezione, rimane il fatto che è stato un errore averci giocato. 

Vale la pena precisare che la colpa non è dei giovani che hanno voglia di rilassarsi, divertirsi e “sballarsi”, vale la pena ribadire che non è meglio frequentare le discoteche o frequentare le biblioteche o frequentare i teatri; tra l’altro è un atteggiamento elitista e basato sui pregiudizi pensare che chi frequenta le biblioteche non frequenti le discoteche o viceversa. 

Questo è quindi anche un appello alla Regione per riconsiderare la decisione assunta, e per intraprendere un percorso responsabile nella messa a punto di misure e protocolli di riduzione del rischio, a partire dalla limitazione delle occasioni per eventi di "super-diffusione" della malattia. 

La decisione recentemente assunta per le discoteche va nella direzione opposta. 

Un ripensamento potrebbe prevedere anche forme di sostegno agli operatori e ai lavoratori del settore dell'intrattenimento e ad iniziative di forme di divertimento più gestibili, e sarebbe meglio pensare a opportune misure in tal senso, impiegando, se occorre e con equità, anche la leva fiscale.

Ripetiamo: la mancata ripresa o una ripresa fugace dell'anno scolastico in presenza per poi tornare alla didattica a distanza, oltre a colpire di più le persone e le famiglie più fragili, e oltre a molti altri danni in molti sensi e di lungo periodo, comporterebbe, oltre a un incalcolabile danno per il futuro dovuto alla diminuzione dei livelli di apprendimento, un danno economico di molti ordini di grandezza superiori a quello che con gli ultimi provvedimenti si crede di salvare. 

Quello che sarebbe servito, quello che serve, è investire risorse ed energie per accompagnare l'avvio dell'anno scolastico, comprese azioni di adattamento delle strutture scolastiche, che in alcuni casi potrebbero con pochi interventi apportare notevole beneficio; anche qui la Sardegna potrebbe trovarsi in situazione favorevole: per esempio, le condizioni climatiche consentono una più esteso arieggiamento degli ambienti, che con interventi anche a basso costo e non strutturali potrebbe rivelarsi un importante fattore di riduzione del rischio di contagio, oppure interventi leggeri che consentano di estendere gli spazi utilizzabili per la didattica. 

Per continuare, per minimizzare i danni della possibile riacutizzazione della situazione epidemiologica, occorre un significativo irrobustimento del sistema sanitario, e un piano flessibile di gestione dell'emergenza, con opportuno coordinamento tra gli enti locali, il sistema sanitario e le forze dell'ordine, prevedendo gradazioni delle misure di contenimento localizzate e amministrativamente delimitate, con la tempestiva e coordinata riduzione delle “connettività” territoriali. Gioverebbe assieme a queste azioni, pensare anche a presidi locali di commercio di beni di prima necessità, per esempio sotto forme di vendita temporanea su suolo pubblico nei quartieri e zone anche extra-urbane con un deficit di dotazioni. 

Questi sono solo alcuni esempi per dire che all'interno del perimetro dei provvedimenti e di coordinamento stabiliti dallo Stato, la Regione e gli enti locali hanno strumenti e leve per giocare un ruolo decisivo nella prevenzione e nel controllo delle possibili occasioni di contagio e nella gestione della ripresa.

Mettere a rischio la scuola, la salute pubblica, e in ultima istanza l'economia, per poterci bere un mojito in un affollato club notturno con tante persone vicine o vicinissime è una pessima scommessa collettiva, oltreché individuale, per tutti anche per chi lo trova particolarmente piacevole.

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